Calcio
SSC Bari, ecco Marino: «Sarà squadra offensiva e sbarazzina». Polito: «Le somme alla fine»
Il mister: «Ho voglia di far divertire i ragazzi». Il diesse: «Difficilissimo esonerare Mignani. Cercato Zaza, non se l’è sentita»
Bari - mercoledì 11 ottobre 2023
13.43
Nuovo corso in casa SSC Bari. È l'esperto Pasquale Marino l'allenatore subentrato a Michele Mignani, esonerato dopo nove partite in cui i biancorossi hanno collezionato sette pareggi, una sconfitta e una vittoria.
Oggi è stata giornata di presentazione del mister, affiancato dal diesse Ciro Polito che ha voluto spiegare le motivazioni della sua scelta in panchina.
Polito ha esordito: «Tutti conoscono il rapporto che avevo con Mignani, sono scelte dolorosissime. Garantisco che la scelta di cambiare il mister è stata una delle più difficili da quando faccio il direttore; ho creduto in una persona in cui non credeva nessuno, e insieme abbiamo fatto un percorso incredibile. Ho voluto continuare anche quest'anno, nonostante la batosta. Come mai mandarlo via dopo solo due mesi, con un quadro che non è disastroso? Io gli avevo detto che sarebbe stato un anno diverso, da affrontare con un piglio diverso. Lui mi aveva detto di essere pronto, ma dopo due mesi alcune cose non sono andate come volevo; mi assumo completamente le responsabilità. La scelta di anticipare un esonero è perché non vedevo in lui il futuro che volevo io. Ci abbiamo provato; se non avessimo avuto la sosta avrebbe avuto un'altra possibilità, ma la sosta mi ha portato ad anticipare. Quindici giorni di lavoro potevano dare all'allenatore il tempo di cui ha bisogno. Faccio comunque un ringraziamento a un grande mister, ma io faccio un mestiere per cui si fanno scelte. Spero che in questa non mi sia sbagliato, perché le responsabilità sono di tutti e in primo luogo le mie».
«A me si può dire tutto, ma sui principi umani raramente sbaglio. Si è detto che ho avvisato Mignani in videochiamata, ma il mio piacere è guardare una persona negli occhi. Ho chiesto al mister se fosse a Bari, ma era a Siena e siccome non ho un jet privato e non volevo che fosse l'ultimo a saperlo, gli ho chiesto una videochiamata. Io guardo sempre tutti negli occhi, e a lui in poche parole ho spiegato quello che penso. È stata la scelta più dolorosa e difficile da fare, ma io penso al bene del Bari e credo che sia stata la cosa giusta».
«La scelta di Marino mi riempie di soddisfazione. Ho voluto, con la società e il presidente, portare qui un allenatore che mi ha allenato per due anni, e di cui conosco un po' tutto. Ho sentito giudicare un allenatore che ha una storia, e questa non si cancella. Ho pensato che questa squadra avesse bisogno di concetti diversi, e per questo ho voluto portare un allenatore che insegna calcio. A chi ha detto che è fermo da due anni dico che, forse, hanno visto male il curriculum: una persona di sessant'anni può prendersi un anno sabbatico, se non trova una soluzione di cui sia soddisfatto. Questo è il mio mestiere, e se non avessi avuto fiducia in Marino non lo avrei mai scelto. Con lui ci giochiamo il nostro futuro, tutte le dicerie sono fuori luogo. Ho contattato solo due allenatori, non ho mai fatto il casting; a loro ho spiegato che questa squadra ha bisogno di concetti chiari. Viene da un esonero a Crotone, ci ha provato con una squadra che era già ultima, e le sue otto partite sono state le migliori che hanno fatto. Il calcio è il presente, non il passato. Se avessi fatto il "para…" avrei preso un allenatore che avrebbe fatto entusiasmare la gente, ma sapevo che dopo un mese non mi avrebbe dato niente. Il calcio va di moda, io invece sono andato sulle idee. Non ho la bacchetta magica, ma ragiono con la testa e non vivo per i piaceri altrui: sul tavolo metto tutto. Marino è quello che può darci il via e rimetterci in carreggiata, sulle posizioni che merita il Bari».
«Ho chiesto al mister di tenere lo stesso staff, perché la preparazione di questa squadra ha un vissuto di tre anni. Il nostro prof. D'Urbano era qui prima di Mignani, e gli altri ragazzi sono di Bari. Credo fortemente nel lavoro che hanno fatto, ho dato una linea e una logica alla scelta di Marino. Tranne il suo vice, che è giusto che sia storico, tutti gli altri sono quelli che continueranno con il nostro percorso».
«Quanto all'attaccante, ne avevo solo uno in testa ma non c'è stato verso: si trattava di Simone Zaza. L'ho incontrato, ma non se l'è sentita; l'avremmo messo in piedi in venti giorni, poteva dare tanto anche per il legame con la città. Andiamo avanti così, potremo giocare in un modo diverso perché abbiamo due centravanti di tutto rispetto: Diaw non ha bisogno di presentazioni, Nasti è uno dei migliori giovani sul palcoscenico italiano. Cercheremo di mettere a disposizione del mister ciò di cui ha bisogno, a gennaio provvederemo. A livello tattico, il mister parte con il 3-4-3 e poi ha svoltato sul 4-3-3, ma sa adattarsi ai giocatori che ha, come ha fatto al Frosinone e alla Spal. Qui abbiamo anche gli esterni, con questa squadra può fare tutto».
«Il calcio ti mette davanti a esperienze nuove. Non mi soffermo, vado avanti per la mia strada e con le mie idee. Se ho fatto una scelta, c'è un motivo. Non siamo disastrati, ma la squadra aveva bisogno di concetti diversi. Mignani ha il suo credo calcistico, ma alle caratteristiche della squadra chiedevo di abbinare un gioco diverso; non ci si è riusciti. Ho visto la squadra regredire, e il palo colpito dalla Reggiana nell'ultima partita non può far cambiare idea su un esonero: negli ultimi tempi mi ero preoccupato, anche perché Mignani non era in una situazione tranquilla. qui giocatori che hanno giocato un tempo sono brocchi, dopo nove partire la squadra non serve a nulla. Siamo lì in mezzo, ma possiamo fare di più. Pretendo un tipo di calcio diverso, e ho pensato che questa fosse la scelta giusta. Sarà il campo a dirlo».
«Quest'anno avevo la possibilità di andare via, ma sono cocciuto e sono rimasto tra tante difficoltà. Se fossi andato via tutti avrebbero detto che Polito ha lasciato la squadra nel migliore dei modi. Questa città la sento mia, ma vedo un attacco frontale dal primo giorno. Penso di avere una squadra forte, a fine campionato avremo quello che ci saremo meritati. Lì potremo tirare una linea e confrontare risultati e aspettative. Il calcio ha una memoria corta, ma bisogna ricordarsi cosa c'era quando sono arrivato qua. In due anni ho dovuto ribaltare la situazione, per abbattere i costi e dare tranquillità. Abbiamo fatto risultati e plusvalenze, valorizzando i giocatori. Si punta il dito su Scheidler, che ha fatto un gran goal l'altro giorno; si vedrà alla fine. Se ogni anno ne prendi 12 o 13, qualcuno può non rendere. La squadra può fare di più, alla città dico di venirci dietro; se la squadra non piace, potete tranquillamente fischiare ed è giusto che ci prendiamo i fischi. Cerchiamo di portare un po' di positività, non aspettiamo che la squadra muoia per dire che avevamo ragione. Pensiamo positivo, io sto qui per il mio futuro e non per perdere tempo. Edjouma? Qual è il problema? Se non rende ce ne saranno altri. Non l'abbiamo comprato a 10 milioni, ci si prova a creare dei giocatori; a volte ci si riesce, a volte no. Il messaggio è: pensiamo al bene della squadra, alla fine tireremo la linea e ci prenderemo le responsabilità. Con l'arrivo di Marino penso che potremo lavorare, poi a giugno sarò qui per prendermi le responsabilità».
«Si è voltato pagina in un modo repentino, chiedo di farci lavorare. Quando faccio una squadra l'allenatore è sempre presente con me, scelgo sempre i giocatori per le loro caratteristiche. Non abbiamo più Folorunsho, ma abbiamo un giocatore di qualità in più che dobbiamo sfruttare. Frabotta ha fatto il suo, ma da lui pretendo di più perché ha delle caratteristiche importante. Aramu? Giocava nel Genoa, deve ricevere palla in un modo diverso e non è stato fatto. Penso di avere dei giocatori con caratteristiche diverse. Morachioli è un esterno puro, Sibilli è un giocatore tecnico che oggi piace più di tutti e può fare sia l'esterno sia la mezzala. Sono giocatori conosciuti, il mister cercherà di metterli nelle condizioni migliori. Abbiamo un centrocampo a tre, ma possiamo fare anche il centrocampo a due. Se non avessimo avuto la sosta, avrei fatto delle valutazioni diverse, ma ho accelerato per dare la possibilità all'allenatore nuovo di portare i suoi concetti a una squadra che ne ha bisogno. Dai giocatori pretendo di più. Per uno stranieri come Edjouma è più difficile, ma io non faccio cose a caso: in mezzo al campo siamo sette/otto, così potremo dargli tempo. Ha fatto una sola partita, con il Catanzaro, e ho pensato di aver preso il fratello; gli ho detto di dargli una svegliata. Lui, come tutti noi, dobbiamo darci una mossa per riportare la squadra dove merita».
«Una persona di sessant'anni, che sta ferma un anno, appena arrivato ha scritto su un foglio tutti i nomi dei giocatori e il ruolo. Questo fa capire che era già proiettato su questo ruolo, vuol dire che ha già memorizzato tutto ed è venuto qui con la voglia. Quello che ha fatto nel calcio l'ha studiato da solo, e ha ancora una voglia da ragazzino. Gli ho affidato la mia vita, è il papà dei miei allenatori».
«C'è troppa negatività, si risente della non fiducia nei confronti dei calciatori. Bisogna accompagnarli come fanno quei grandi tifosi che fanno i chilometri e mettono soldi, questo dovrebbero fare anche i social che ormai spostano gli equilibri. Allo stadio c'è un ambiente bellissimo, sui social il mondo è al contrario. Gli ultras sono diventati gli ultimi a contestare, sostengono la squadra fino all'ultimo secondo; se la partita non piace, è giusto fischiare. Abbiamo una situazione lineare, io prendo le decisioni e le responsabilità; a Mignani sono legatissimo, ma ho messo da parte il cuore per ragionare col cervello. Lasciamo stare il passato, pensiamo a quello che la squadra farà. I processi li facciamo alla fine».
Il tecnico Pasquale Marino, presentandosi ha detto: «Quando si cambia allenatore, le cose non stavano andando bene. Se sostituisci un allenatore che ha fatto un percorso importante, le responsabilità aumentano e questo accresce la voglia di fare bene. Quando si fa un percorso del genere, tutto quello che sta succedendo è in parte fisiologico: le scorie, dopo essere arrivati a 2' dalla promozione, rimangono nella testa dei giocatori e dell'ambiente. A me è capitato di allenare squadre retrocesse dalla serie A, ed è molto difficile far riprendere la strada giusto. Qualcosa è successo, e i giocatori non hanno espresso il massimo delle loro potenzialità. Devo cercare nel minor tempo possibile di dare concetti ben delineati, per cercare di fare il calcio che ho sempre fatto. Cercheremo di trovare l'abito giusto per sfruttare un organico importante, con alternative importanti. Al di là dei numeri, la mia idea è la stessa: mi piace il calcio propositivo, spero di riuscire a farlo anche qua. Spero di sfruttare le loro qualità, con l'organizzazione si eleva la prestazione del singolo».
«Sono arrivato a un'età che mi permette di scegliere qualsiasi cosa. Sono rimasto fermo un anno perché le proposte non mi davano voglia di divertirmi. Sono diventato più grande, a volte ho accettato sfide impossibili per voglia di stare in campo. Qui ho accettato perché questo organico si può fare qualsiasi tipo di gioco: 4-3-3, difesa a tre, due attaccanti, esterni a piede invertito, ci sono tante soluzioni. Dobbiamo tirare fuori il massimo da ognuno dei giocatori. Con il lavoro troveremo la soluzione giusta. Partendo dall'inizio, privilegi un sistema rispetto a un altro: privilegio il 3-4-3, ma posso fare anche il 4-3-3. Cerco sempre di far rendere al meglio i giocatori, sono loro che determinano il modulo e mi adatto al materiale umano che ho a disposizione».
«Cercherò di fare un calcio propositivo, per palleggiare e verticalizzare quando è il momento. Cercherò di dare l'aggressività giusta, mettendo in pratica le mie idee. Capisco che nell'ambiente ci sia delusione per il momento; ci si aspettava che arrivasse qualcuno reduce dalla vittoria di tre quattro campionati, ma comunque chiunque deve sempre fare il meglio per il Bari. Bisogna sempre cercare anche qualcosa di positivo, a trovare le cose negative ci si riesce sempre. Quello che mi interessa è lavorare bene sul campo, ho voglia di una piazza importante e di portare le mie idee. Il risultato arriva attraverso il gioco, e nel gruppo ho visto qualità e voglia. Cercherò di trasmettere l'entusiasmo che ho io nel lavorare in questa piazza: l'obiettivo è riportare più gente possibile allo stadio. Anche i ragazzi stanno soffrendo questa situazione, la maglia del Bari è più pesante di altre. Per lavorare qui ci vuole la personalità giusta, anche per superare eventuali momenti negativi».
«Quando capitano queste annate, è peggio di una retrocessione dalla A alla B. Ho parlato con qualche ragazzo, e ho percepito questo: la delusione ha inciso. Ora è arrivato il momento di archiviare tutto e ripartire, non si può pensare sempre a quello che si è fatto. Alleno da quasi 25 anni, bisogna pensare sempre a quello che c'è da fare, non a quello che si è fatto. Nonostante i capelli bianchi, ho cercato sempre di far lavorare i miei giocatori in una certa maniera. Quasi tutti si sono trovati bene con me: penso di essere una persona seria, e i giocatori sono più competenti rispetto a una volta. Quasi tutti parlano bene di me, umanamente e professionalmente; cerco di farli divertire, variando gli allenamenti. Il Bari deve essere squadra sbarazzina, con la mente libera, per divertirci e far divertire quelli che ci vengono a vedere. Proveremo ad avere lo stesso atteggiamento in casa e fuori, poi se gli altri sono bravi e ci costringono alla fase difensiva è un altro discorso. Però devi cercare di riportare in campo quello che fai durante la settimana».
«Ci sono tanti ragazzi che ho allenato e che hanno intrapreso la carriera di allenatore. Chi ha lavorato con me cerca di fare un gioco propositivo: De Zerbi sempre il più geniale, Caserta arriverà nella massima serie, Paolo Bianco lo incontreremo da avversario ed è bravo e intelligente, Sottil allena l'Udinese in serie A. Con tutti ci confrontiamo, ma con De Zerbi è diverso perché è il giocatore che ho allenato di più; fa piacere che stia lavorando bene, si cresce anche con il confronto. Abbiamo ancora tantissima voglia di migliorarci e rimanere al passo coi tempi».
«Con Polito ci conosciamo da tanti anni, siamo rimasti in buoni rapporti, con fiducia reciproca. Mi ha chiesto spesso dei pareri sulle qualità umane dei giocatori che avevo allenato. Mi ha fatto piacere che mi abbia chiamato, mentre lui parlava io avevo già preso la macchina per venire qui. A Udine sono stato esonerato senza che si giocasse la partita, poi sono stato richiamato dopo due mesi. Sappiamo i rischi che corriamo, e accettiamo tutto. La scelta di Bari è stata bella, è arrivata in un momento in cui il tempo non passava mai. Avevo la curiosità di vedere le partite, per leggerne la parte tattica e migliorarmi. Ho una bella famiglia, quindi il tempo si trascorre bene, ma con i campionati ti sale l'adrenalina perché vorresti essere dentro. La passione mi ha portato a delle scelte sbagliate, ma se vedi l'organico del Bari per i suoi obiettivi penso che la scelta sia ponderata. Se avessi avuto titubanza avrei detto a Ciro di lasciare perdere, non ho bisogno di andare in giro a rubacchiare contratti. Polito era portato per fare questo lavoro, spero di dare un contributo a fare bene anche a quest'anno».
«I ragazzi di oggi sanno di più di quello che sapevamo noi. Dopo due sedute di allenamento ti fanno i raggi, capiscono se puoi trasmettere i messaggi giusti e gli input positivi. Mi trovo bene con i giovani, ne ho lanciato qualcuno per fortuna nella mia carriera e li ho valorizzati. Cerco ci creare un'empatia, sono diretto perché con i giocatori bisogna avere un rapporto chiaro. Se loro apprendono è la gratificazione migliore. Ho allenato campioni del mondo come GIlardino e Zaccardo, ma anche Di Natale, Sanchez, Palacio, Inler, D'Agostino e Asamoah. Dare input calcistici e comportamentali è fondamentale, tengo molto al rispetto e alla disciplina».
«Bari è una grandissima città, il pubblico è da serie A. Più pubblico c'è, più pressione c'è. Sono abituati ad avere giocatori e allenatori importanti, hanno fatto la serie A. È una delle tappe più importanti della mia carriera, come blasone e tifoseria. Mi piace lavorare in ambienti caldi per passione, c'è più voglia di vincere le partite. Dobbiamo trascinare la gente dalla nostra parte, con il lavoro e la voglia di crescere quotidianamente. A Bari sarei venuto volentieri anche in serie C, che non faccio da vent'anni; ho voglia di dare il mio contributo alla mia squadra».
«In questo momento non c'è bisogno di inventarsi niente: abbiamo degli attaccanti centrali e degli esterni. Di Natale? È stata una scelta individuale su di lui, in amichevole l'ho provato centravanti e poi l'ho dovuto convincere a giocare lì. Vedere un giocatore come lui, senza una grande fisicità, mi ha aperto la mente. Qui non c'è necessità del genere, con Nasti e Diaw siamo a posto così».
Oggi è stata giornata di presentazione del mister, affiancato dal diesse Ciro Polito che ha voluto spiegare le motivazioni della sua scelta in panchina.
Polito: «In Mignani non vedevo il futuro che volevo io. Ora basta negatività. Marino? Scelta che mi riempie di soddisfazione»
Polito ha esordito: «Tutti conoscono il rapporto che avevo con Mignani, sono scelte dolorosissime. Garantisco che la scelta di cambiare il mister è stata una delle più difficili da quando faccio il direttore; ho creduto in una persona in cui non credeva nessuno, e insieme abbiamo fatto un percorso incredibile. Ho voluto continuare anche quest'anno, nonostante la batosta. Come mai mandarlo via dopo solo due mesi, con un quadro che non è disastroso? Io gli avevo detto che sarebbe stato un anno diverso, da affrontare con un piglio diverso. Lui mi aveva detto di essere pronto, ma dopo due mesi alcune cose non sono andate come volevo; mi assumo completamente le responsabilità. La scelta di anticipare un esonero è perché non vedevo in lui il futuro che volevo io. Ci abbiamo provato; se non avessimo avuto la sosta avrebbe avuto un'altra possibilità, ma la sosta mi ha portato ad anticipare. Quindici giorni di lavoro potevano dare all'allenatore il tempo di cui ha bisogno. Faccio comunque un ringraziamento a un grande mister, ma io faccio un mestiere per cui si fanno scelte. Spero che in questa non mi sia sbagliato, perché le responsabilità sono di tutti e in primo luogo le mie».
«A me si può dire tutto, ma sui principi umani raramente sbaglio. Si è detto che ho avvisato Mignani in videochiamata, ma il mio piacere è guardare una persona negli occhi. Ho chiesto al mister se fosse a Bari, ma era a Siena e siccome non ho un jet privato e non volevo che fosse l'ultimo a saperlo, gli ho chiesto una videochiamata. Io guardo sempre tutti negli occhi, e a lui in poche parole ho spiegato quello che penso. È stata la scelta più dolorosa e difficile da fare, ma io penso al bene del Bari e credo che sia stata la cosa giusta».
«La scelta di Marino mi riempie di soddisfazione. Ho voluto, con la società e il presidente, portare qui un allenatore che mi ha allenato per due anni, e di cui conosco un po' tutto. Ho sentito giudicare un allenatore che ha una storia, e questa non si cancella. Ho pensato che questa squadra avesse bisogno di concetti diversi, e per questo ho voluto portare un allenatore che insegna calcio. A chi ha detto che è fermo da due anni dico che, forse, hanno visto male il curriculum: una persona di sessant'anni può prendersi un anno sabbatico, se non trova una soluzione di cui sia soddisfatto. Questo è il mio mestiere, e se non avessi avuto fiducia in Marino non lo avrei mai scelto. Con lui ci giochiamo il nostro futuro, tutte le dicerie sono fuori luogo. Ho contattato solo due allenatori, non ho mai fatto il casting; a loro ho spiegato che questa squadra ha bisogno di concetti chiari. Viene da un esonero a Crotone, ci ha provato con una squadra che era già ultima, e le sue otto partite sono state le migliori che hanno fatto. Il calcio è il presente, non il passato. Se avessi fatto il "para…" avrei preso un allenatore che avrebbe fatto entusiasmare la gente, ma sapevo che dopo un mese non mi avrebbe dato niente. Il calcio va di moda, io invece sono andato sulle idee. Non ho la bacchetta magica, ma ragiono con la testa e non vivo per i piaceri altrui: sul tavolo metto tutto. Marino è quello che può darci il via e rimetterci in carreggiata, sulle posizioni che merita il Bari».
«Ho chiesto al mister di tenere lo stesso staff, perché la preparazione di questa squadra ha un vissuto di tre anni. Il nostro prof. D'Urbano era qui prima di Mignani, e gli altri ragazzi sono di Bari. Credo fortemente nel lavoro che hanno fatto, ho dato una linea e una logica alla scelta di Marino. Tranne il suo vice, che è giusto che sia storico, tutti gli altri sono quelli che continueranno con il nostro percorso».
«Quanto all'attaccante, ne avevo solo uno in testa ma non c'è stato verso: si trattava di Simone Zaza. L'ho incontrato, ma non se l'è sentita; l'avremmo messo in piedi in venti giorni, poteva dare tanto anche per il legame con la città. Andiamo avanti così, potremo giocare in un modo diverso perché abbiamo due centravanti di tutto rispetto: Diaw non ha bisogno di presentazioni, Nasti è uno dei migliori giovani sul palcoscenico italiano. Cercheremo di mettere a disposizione del mister ciò di cui ha bisogno, a gennaio provvederemo. A livello tattico, il mister parte con il 3-4-3 e poi ha svoltato sul 4-3-3, ma sa adattarsi ai giocatori che ha, come ha fatto al Frosinone e alla Spal. Qui abbiamo anche gli esterni, con questa squadra può fare tutto».
«Il calcio ti mette davanti a esperienze nuove. Non mi soffermo, vado avanti per la mia strada e con le mie idee. Se ho fatto una scelta, c'è un motivo. Non siamo disastrati, ma la squadra aveva bisogno di concetti diversi. Mignani ha il suo credo calcistico, ma alle caratteristiche della squadra chiedevo di abbinare un gioco diverso; non ci si è riusciti. Ho visto la squadra regredire, e il palo colpito dalla Reggiana nell'ultima partita non può far cambiare idea su un esonero: negli ultimi tempi mi ero preoccupato, anche perché Mignani non era in una situazione tranquilla. qui giocatori che hanno giocato un tempo sono brocchi, dopo nove partire la squadra non serve a nulla. Siamo lì in mezzo, ma possiamo fare di più. Pretendo un tipo di calcio diverso, e ho pensato che questa fosse la scelta giusta. Sarà il campo a dirlo».
«Quest'anno avevo la possibilità di andare via, ma sono cocciuto e sono rimasto tra tante difficoltà. Se fossi andato via tutti avrebbero detto che Polito ha lasciato la squadra nel migliore dei modi. Questa città la sento mia, ma vedo un attacco frontale dal primo giorno. Penso di avere una squadra forte, a fine campionato avremo quello che ci saremo meritati. Lì potremo tirare una linea e confrontare risultati e aspettative. Il calcio ha una memoria corta, ma bisogna ricordarsi cosa c'era quando sono arrivato qua. In due anni ho dovuto ribaltare la situazione, per abbattere i costi e dare tranquillità. Abbiamo fatto risultati e plusvalenze, valorizzando i giocatori. Si punta il dito su Scheidler, che ha fatto un gran goal l'altro giorno; si vedrà alla fine. Se ogni anno ne prendi 12 o 13, qualcuno può non rendere. La squadra può fare di più, alla città dico di venirci dietro; se la squadra non piace, potete tranquillamente fischiare ed è giusto che ci prendiamo i fischi. Cerchiamo di portare un po' di positività, non aspettiamo che la squadra muoia per dire che avevamo ragione. Pensiamo positivo, io sto qui per il mio futuro e non per perdere tempo. Edjouma? Qual è il problema? Se non rende ce ne saranno altri. Non l'abbiamo comprato a 10 milioni, ci si prova a creare dei giocatori; a volte ci si riesce, a volte no. Il messaggio è: pensiamo al bene della squadra, alla fine tireremo la linea e ci prenderemo le responsabilità. Con l'arrivo di Marino penso che potremo lavorare, poi a giugno sarò qui per prendermi le responsabilità».
«Si è voltato pagina in un modo repentino, chiedo di farci lavorare. Quando faccio una squadra l'allenatore è sempre presente con me, scelgo sempre i giocatori per le loro caratteristiche. Non abbiamo più Folorunsho, ma abbiamo un giocatore di qualità in più che dobbiamo sfruttare. Frabotta ha fatto il suo, ma da lui pretendo di più perché ha delle caratteristiche importante. Aramu? Giocava nel Genoa, deve ricevere palla in un modo diverso e non è stato fatto. Penso di avere dei giocatori con caratteristiche diverse. Morachioli è un esterno puro, Sibilli è un giocatore tecnico che oggi piace più di tutti e può fare sia l'esterno sia la mezzala. Sono giocatori conosciuti, il mister cercherà di metterli nelle condizioni migliori. Abbiamo un centrocampo a tre, ma possiamo fare anche il centrocampo a due. Se non avessimo avuto la sosta, avrei fatto delle valutazioni diverse, ma ho accelerato per dare la possibilità all'allenatore nuovo di portare i suoi concetti a una squadra che ne ha bisogno. Dai giocatori pretendo di più. Per uno stranieri come Edjouma è più difficile, ma io non faccio cose a caso: in mezzo al campo siamo sette/otto, così potremo dargli tempo. Ha fatto una sola partita, con il Catanzaro, e ho pensato di aver preso il fratello; gli ho detto di dargli una svegliata. Lui, come tutti noi, dobbiamo darci una mossa per riportare la squadra dove merita».
«Una persona di sessant'anni, che sta ferma un anno, appena arrivato ha scritto su un foglio tutti i nomi dei giocatori e il ruolo. Questo fa capire che era già proiettato su questo ruolo, vuol dire che ha già memorizzato tutto ed è venuto qui con la voglia. Quello che ha fatto nel calcio l'ha studiato da solo, e ha ancora una voglia da ragazzino. Gli ho affidato la mia vita, è il papà dei miei allenatori».
«C'è troppa negatività, si risente della non fiducia nei confronti dei calciatori. Bisogna accompagnarli come fanno quei grandi tifosi che fanno i chilometri e mettono soldi, questo dovrebbero fare anche i social che ormai spostano gli equilibri. Allo stadio c'è un ambiente bellissimo, sui social il mondo è al contrario. Gli ultras sono diventati gli ultimi a contestare, sostengono la squadra fino all'ultimo secondo; se la partita non piace, è giusto fischiare. Abbiamo una situazione lineare, io prendo le decisioni e le responsabilità; a Mignani sono legatissimo, ma ho messo da parte il cuore per ragionare col cervello. Lasciamo stare il passato, pensiamo a quello che la squadra farà. I processi li facciamo alla fine».
Marino: «Ambiente scosso dalla delusione dell'anno scorso, ma ora guardiamo avanti. Modulo? Mi adatto ai giocatori»
Il tecnico Pasquale Marino, presentandosi ha detto: «Quando si cambia allenatore, le cose non stavano andando bene. Se sostituisci un allenatore che ha fatto un percorso importante, le responsabilità aumentano e questo accresce la voglia di fare bene. Quando si fa un percorso del genere, tutto quello che sta succedendo è in parte fisiologico: le scorie, dopo essere arrivati a 2' dalla promozione, rimangono nella testa dei giocatori e dell'ambiente. A me è capitato di allenare squadre retrocesse dalla serie A, ed è molto difficile far riprendere la strada giusto. Qualcosa è successo, e i giocatori non hanno espresso il massimo delle loro potenzialità. Devo cercare nel minor tempo possibile di dare concetti ben delineati, per cercare di fare il calcio che ho sempre fatto. Cercheremo di trovare l'abito giusto per sfruttare un organico importante, con alternative importanti. Al di là dei numeri, la mia idea è la stessa: mi piace il calcio propositivo, spero di riuscire a farlo anche qua. Spero di sfruttare le loro qualità, con l'organizzazione si eleva la prestazione del singolo».
«Sono arrivato a un'età che mi permette di scegliere qualsiasi cosa. Sono rimasto fermo un anno perché le proposte non mi davano voglia di divertirmi. Sono diventato più grande, a volte ho accettato sfide impossibili per voglia di stare in campo. Qui ho accettato perché questo organico si può fare qualsiasi tipo di gioco: 4-3-3, difesa a tre, due attaccanti, esterni a piede invertito, ci sono tante soluzioni. Dobbiamo tirare fuori il massimo da ognuno dei giocatori. Con il lavoro troveremo la soluzione giusta. Partendo dall'inizio, privilegi un sistema rispetto a un altro: privilegio il 3-4-3, ma posso fare anche il 4-3-3. Cerco sempre di far rendere al meglio i giocatori, sono loro che determinano il modulo e mi adatto al materiale umano che ho a disposizione».
«Cercherò di fare un calcio propositivo, per palleggiare e verticalizzare quando è il momento. Cercherò di dare l'aggressività giusta, mettendo in pratica le mie idee. Capisco che nell'ambiente ci sia delusione per il momento; ci si aspettava che arrivasse qualcuno reduce dalla vittoria di tre quattro campionati, ma comunque chiunque deve sempre fare il meglio per il Bari. Bisogna sempre cercare anche qualcosa di positivo, a trovare le cose negative ci si riesce sempre. Quello che mi interessa è lavorare bene sul campo, ho voglia di una piazza importante e di portare le mie idee. Il risultato arriva attraverso il gioco, e nel gruppo ho visto qualità e voglia. Cercherò di trasmettere l'entusiasmo che ho io nel lavorare in questa piazza: l'obiettivo è riportare più gente possibile allo stadio. Anche i ragazzi stanno soffrendo questa situazione, la maglia del Bari è più pesante di altre. Per lavorare qui ci vuole la personalità giusta, anche per superare eventuali momenti negativi».
«Quando capitano queste annate, è peggio di una retrocessione dalla A alla B. Ho parlato con qualche ragazzo, e ho percepito questo: la delusione ha inciso. Ora è arrivato il momento di archiviare tutto e ripartire, non si può pensare sempre a quello che si è fatto. Alleno da quasi 25 anni, bisogna pensare sempre a quello che c'è da fare, non a quello che si è fatto. Nonostante i capelli bianchi, ho cercato sempre di far lavorare i miei giocatori in una certa maniera. Quasi tutti si sono trovati bene con me: penso di essere una persona seria, e i giocatori sono più competenti rispetto a una volta. Quasi tutti parlano bene di me, umanamente e professionalmente; cerco di farli divertire, variando gli allenamenti. Il Bari deve essere squadra sbarazzina, con la mente libera, per divertirci e far divertire quelli che ci vengono a vedere. Proveremo ad avere lo stesso atteggiamento in casa e fuori, poi se gli altri sono bravi e ci costringono alla fase difensiva è un altro discorso. Però devi cercare di riportare in campo quello che fai durante la settimana».
«Ci sono tanti ragazzi che ho allenato e che hanno intrapreso la carriera di allenatore. Chi ha lavorato con me cerca di fare un gioco propositivo: De Zerbi sempre il più geniale, Caserta arriverà nella massima serie, Paolo Bianco lo incontreremo da avversario ed è bravo e intelligente, Sottil allena l'Udinese in serie A. Con tutti ci confrontiamo, ma con De Zerbi è diverso perché è il giocatore che ho allenato di più; fa piacere che stia lavorando bene, si cresce anche con il confronto. Abbiamo ancora tantissima voglia di migliorarci e rimanere al passo coi tempi».
«Con Polito ci conosciamo da tanti anni, siamo rimasti in buoni rapporti, con fiducia reciproca. Mi ha chiesto spesso dei pareri sulle qualità umane dei giocatori che avevo allenato. Mi ha fatto piacere che mi abbia chiamato, mentre lui parlava io avevo già preso la macchina per venire qui. A Udine sono stato esonerato senza che si giocasse la partita, poi sono stato richiamato dopo due mesi. Sappiamo i rischi che corriamo, e accettiamo tutto. La scelta di Bari è stata bella, è arrivata in un momento in cui il tempo non passava mai. Avevo la curiosità di vedere le partite, per leggerne la parte tattica e migliorarmi. Ho una bella famiglia, quindi il tempo si trascorre bene, ma con i campionati ti sale l'adrenalina perché vorresti essere dentro. La passione mi ha portato a delle scelte sbagliate, ma se vedi l'organico del Bari per i suoi obiettivi penso che la scelta sia ponderata. Se avessi avuto titubanza avrei detto a Ciro di lasciare perdere, non ho bisogno di andare in giro a rubacchiare contratti. Polito era portato per fare questo lavoro, spero di dare un contributo a fare bene anche a quest'anno».
«I ragazzi di oggi sanno di più di quello che sapevamo noi. Dopo due sedute di allenamento ti fanno i raggi, capiscono se puoi trasmettere i messaggi giusti e gli input positivi. Mi trovo bene con i giovani, ne ho lanciato qualcuno per fortuna nella mia carriera e li ho valorizzati. Cerco ci creare un'empatia, sono diretto perché con i giocatori bisogna avere un rapporto chiaro. Se loro apprendono è la gratificazione migliore. Ho allenato campioni del mondo come GIlardino e Zaccardo, ma anche Di Natale, Sanchez, Palacio, Inler, D'Agostino e Asamoah. Dare input calcistici e comportamentali è fondamentale, tengo molto al rispetto e alla disciplina».
«Bari è una grandissima città, il pubblico è da serie A. Più pubblico c'è, più pressione c'è. Sono abituati ad avere giocatori e allenatori importanti, hanno fatto la serie A. È una delle tappe più importanti della mia carriera, come blasone e tifoseria. Mi piace lavorare in ambienti caldi per passione, c'è più voglia di vincere le partite. Dobbiamo trascinare la gente dalla nostra parte, con il lavoro e la voglia di crescere quotidianamente. A Bari sarei venuto volentieri anche in serie C, che non faccio da vent'anni; ho voglia di dare il mio contributo alla mia squadra».
«In questo momento non c'è bisogno di inventarsi niente: abbiamo degli attaccanti centrali e degli esterni. Di Natale? È stata una scelta individuale su di lui, in amichevole l'ho provato centravanti e poi l'ho dovuto convincere a giocare lì. Vedere un giocatore come lui, senza una grande fisicità, mi ha aperto la mente. Qui non c'è necessità del genere, con Nasti e Diaw siamo a posto così».