Bari Como lesultanza di Valerio Di Cesare al goal del pareggio. <span>Foto Ssc Bari </span>
Bari Como lesultanza di Valerio Di Cesare al goal del pareggio. Foto Ssc Bari
Calcio

Tra sollievo e rimpianto, il Bari continua la sua marcia

I galletti acchiappano il Como al 93’ e tengono il terzo posto. Mignani cambia in corsa, i risultati lo premiano

Il primo commento che viene in mente è: bene com'è andata. E la buona notizia correlata è che, anche quando non gira benissimo, va comunque bene. Il Bari acchiappa al 93' il 2-2 con il Como al San Nicola, mettendo la firma su una rimonta che - a un certo punto - appariva estremamente complessa da concretizzare. Un pareggio al cardiopalma, con tanta sofferenza, ma che porta i suoi doni: se il Bari non fa bene, il Sudtirol fa decisamente male, perdendo 1-0 ad Ascoli. Così, anche in un fresco pomeriggio di metà aprile non particolarmente ispirato, i galletti riescono a salire a +5 sugli altoatesini, consolidando il terzo posto. Certo, il Genoa secondo scappa di nuovo a +6 dai biancorossi, ma quello della promozione diretta era forse un sogno davvero troppo grande per una neopromossa come il Bari, che pure - matematica alla mano - non vi ha ancora rinunciato e non intende farlo senza dar battaglia. Se a questo ci aggiungiamo i 9 punti di vantaggio sul Cagliari e gli 8 sulla Reggina, allora si può parlare di un pomeriggio quasi trionfale, dopotutto.

Già, un Bari da battaglia. L'aspetto psicologico nel calcio conta tanto, a volte è anche decisivo. L'impressione è che, sul vantaggio di 0-2 a fine primo tempo, il Como (ancora in bilico tra zona playoff e zona playout) abbia sofferto la sindrome da "braccino" del tennista, la paura di vincere. Si vede, invece, che il Bari ha la testa più sgombra, consapevole che la lotta per la promozione in serie A eccede di molto l'obiettivo iniziale, la salvezza, centrato praticamente già a gennaio. Il Bari vola sulle ali dell'entusiasmo, che permettono a Mignani e compagnia anche il lusso di regalare due goal all'avversario e di uscirne comunque con qualcosa in tasca. È un fattore che, alla lunga, può anche essere determinante.

Occhio, però, a guardare solo il bicchiere mezzo pieno. Mignani fa benissimo a parlare di «Punto guadagnato» (e ci mancherebbe, per come si era messa all'inizio e per come è andata a finire), ma la grande reazione della ripresa non cancella un primo tempo troppo brutto per essere vero. Il mister ha parlato di eccessiva ansia della sua squadra, alla ricerca di una rapida risoluzione della contesa. Ed è un errore che può costare caro, soprattutto a una compagine - come i biancorossi - reduce dalla vittoria di Bolzano ricavata con pazienza e saggezza, come anche tante altre volte è capitato in questa stagione.

Va sottolineato un dato anomalo: il Bari veniva da un goal subito in sette partite, per poi prenderne due in appena 25' contro il Como. Certo, Di Cesare e Mignani hanno sottolineato (giustamente) i meriti della squadra lariana di mister Longo, ma non va sottovalutato l'impatto degli errori individuali e di reparto commessi dai galletti nella prima frazione. L'evidenza più grande è il mismatch sulle corsie laterali completamente a sfavore del Bari: nel primo tempo Ioannou e Parigini fanno ammattire Pucino e Mazzotta, confezionando con il primo (su assist del secondo, corretto da Gabrielloni) il goal del vantaggio. Nota negativa anche per Folorunsho e Maita, che pasticciano in uscita e consegnano a Cutrone il pallone del raddoppio, con la complicità dei non incolpevoli Di Cesare e Caprile.

Insomma, sembrava un pomeriggio stregato per Mignani e i suoi ragazzi, soprattutto per via dell'incapacità dei galletti di reagire e controbattere all'assolo dei lombardi. Mignani prova a cambiare l'ordine degli addendi, spostando Benali sulla trequarti, Maita in regia, Benedetti a destra e Folorunsho a sinistra, ma il risultato non cambia. Anzi, se possibile la confusione aumenta.

Ma, per fortuna del Bari, le partite durano 90' e anche più minuti, e c'è tempo per recuperare e aggiustare il tiro. A patto che, però, si sia disposti a cambiare strada. Il Mignani integralista del 4-3-1-2 conosciuto nel suo primo anno e mezzo a Bari si sta - pian piano - convertendo a una visione meno rigida e ortodossa del suo credo tattico. A conti fatti, la mossa chiave della partita il Bari la gioca all'intervallo: fuori Antenucci e il confusionario Benali, dentro Botta e soprattutto Morachioli. Mignani passa a una specie di modulo ibrido, una sorta di 4-2-4 con Benedetti (non benissimo) e Maita in mezzo, Morachioli a sinistra, Folorunsho in mezzo, Botta a girargli intorno e Cheddira a fare l'elastico tra la fascia destra e il centro del campo. Soluzione creativa, sì, ma che paga. Lo spunto di Morachioli sulla fascia contribuisce ad alleggerire la pressione esercitata dal Como sugli esterni, e già al 3' dà un'altra faccia all'incontro: l'ex Renate rientra sul destro e mette sulla testa di Cheddira un pallone solo da spingere dentro. L'italo-marocchino finalmente si sblocca, e la partita cambia.

Di Cesare parla, forse con un po' troppo entusiasmo, di avversario «Asfaltato nella ripresa»; certamente nel secondo tempo è un Bari diverso, con più idee e disposto ad andarsi a cercare le fonti di gioco anche sulle fasce. A sinistra Morachioli è un pericolo costante, a destra cresce anche Pucino che - però - non azzecca un cross. A decidere il finale è, però, la vecchia qualità di cui parlavamo sopra: la pazienza. Il Bari aspetta il 93' per scardinare il lucchetto comasco, su un'asse nuova ma interessante da sviluppare: Morachioli (sempre lui) lancia per Di Cesare (la colonna portante della squadra, neo direttore sportivo abilitato e, a 39 anni 10 mesi e 22 giorni, quinto marcatore più anziano della B all time), stop e tiro col sinistro, palla in buca d'angolo. La guardalinee annulla, il Var corregge. Bene così per i galletti.

Insomma, un pomeriggio salvato per il rotto della cuffia, che può assumere i contorni della sfangata e del sollievo, ma anche quelli della mezza delusione per non aver definitivamente blindato il terzo posto allungando a +7 sul Sudtirol. Alla fine, però, meglio com'è andata.

La partita del San Nicola, comunque, lascia aperti diversi interrogativi. A cominciare dal ruolo di Morachioli, che Mignani vede come elemento per forzare le partite alla bisogna più che come potenziale titolare. Un convincimento, forse, da rivedere, perché questo giocatore «Bellino» (come ebbe a definirlo Polito all'annuncio dell'acquisto) è in un momento di grazia che andrebbe sfruttato, visto che (è la legge dei grandi numeri) può capitargli di non essere sempre così incisivo come jolly a partita in corso. D'altra parte, senza Maiello qualcosa bisognerà inventarsi per costruire il gioco; sfruttare di più le fasce potrebbe essere un'idea.

Stesso dicasi per Dorval, finito un po' fuori dai radar, che contro il Como sarebbe servito per dare il cambio al sofferente Pucino (Mignani preferisce togliere Mazzotta per Ricci, ci può anche stare) e ripagare Ioannou con la stessa moneta.

Ma, come sempre, sono i risultati a emettere il verdetto decisivo. E i risultati, ancora una volta, danno ragione a Mignani e alle sue scelte, tanto più che anche quando non va benissimo va comunque discretamente bene. Ora a Pisa, domenica 23 aprile, ci sarà un'altra prova verità, uno scontro diretto che dirà molto delle reali ambizioni di questo Bari, che continua a correre e a credere in quello che, da sogno, si è trasformato in un'obiettivo da provare a cogliere.
  • ssc bari
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