Calcio
Un Bari senza capo né coda, il secondo posto vola via nella mediocrità generale
La sconfitta di Avellino conferma la pochezza tecnica, tattica e caratteriale dei biancorossi di Carrera. Ai playoff servirà un miracolo
Bari - domenica 11 aprile 2021
10.59
La partita del riscatto, della riscossa, del sorpasso. Avellino-Bari è stata esattamente il contrario di quello che doveva essere: i biancorossi offrono una prestazione scialba, incolore e piatta, in continuità con un girone di ritorno in caduta libera. Finisce 1-0 per gli irpini, che con il goal nel finale di Fella mettono la parola fine sulle residue speranze dei galletti di raggiungere un secondo posto che – un po' all'improvviso – era apparso possibile una settimana fa. E ora c'è il concreto rischio di chiudere al quarto, beffardo, posto: palla del controsorpasso al Catanzaro, una volta risolti i problemi con il Covid (si spera nel più breve tempo possibile).
È lo specchio della stagione disgraziata di questo Bari, incapace di mettere le marce alte quando si tratta di trovare continuità, di superare un test, di dimostrare una maturità che evidentemente non c'è. È l'ennesimo scontro diretto che i biancorossi falliscono, una prova del nove che avrebbe potuto ridare un senso all'improvviso a un campionato frammentario; niente da fare, come al solito.
Che sarebbe andata a finire male, d'altra parte, lo si era intuito già al momento della lettura delle formazioni ufficiali. Carrera sceglie un 3-5-2 semi-inedito proprio nel momento decisivo della stagione: Marras schierato da quinto a sinistra, con compiti difensivi che non gli appartengono e che lo limitano, rimane un grande punto interrogativo. Lo stesso Cianci, affiancato sulla linea offensiva da Antenucci, riceve pochissime palle giocabili di testa proprio per la grande difficoltà del Bari di arrivare sul fondo con gli esterni e mettere cross degni di questo nome. Il Bari si vede solo con due mezze occasioni di Rolando; nel mezzo il nulla.
Braglia la stravince nel confronto a centrocampo: il terzetto Carriero-Aloi-D'Angelo fa un sol boccone dei suoi dirimpettai. Il forfait nel riscaldamento di Bianco lascia Carrera senza il suo perno della mediana; De Risio fa fatica a mettere ordine, Lollo prova a far legna ma finisce sempre per rincorrere, Maita per la prima volta va in affanno in entrambe le fasi. Certo, l'arbitro D'Ascanio sbaglia clamorosamente non mostrando il rosso a Ciancio per il fallo a palla lontana su Marras, ma non basta a giustificare la pochezza generale del Bari "apprezzato" al Partenio.
Insomma, quando Carrera dice di aver visto nella ripresa una squadra ben messa in campo, alla ricerca del goal, prova a difendere l'indifendibile. Inspiegabile è la scelta di fare l'unico cambio (su cinque disponibili) all'85', tirando fuori Lollo per gettare nella mischia D'Ursi. Vero, quantità e qualità delle risorse in panchina scarseggiano (storia vecchia), ma decidere deliberatamente di non attingere a quel poco che c'è appare un errore grossolano.
Ma più delle incertezze tattiche, degli errori individuali e di reparto, in questo Bari senza né capo né coda pesa un atteggiamento tutto sbagliato. I biancorossi arrivano allo scontro diretto con poco o nulla da perdere, eppure la giocano senza rabbia e senza mordente, oltreché senza idee e senza gioco (anche qui, niente di nuovo sotto il sole). Il minimo indispensabile basta contro Paganese e Vibonese, ma quando il livello si alza (pur non avendo fatto l'Avellino nulla di eccezionale) questo Bari diventa un bersaglio fin troppo facile per gli avversari. Quando Fella brucia il disattento Minelli sul calcio d'angolo battuto da Aoli all'83', inchioda i galletti non solo alle loro responsabilità, ma anche ai loro limiti tecnici, caratteriali, di personalità.
È l'ennesima conferma: se il Bari vorrà fare la voce grossa nei playoff avrà bisogno dei miracoli, che pure nel calcio esistono, ma sotto forma di eccezione. La regola, invece, per il Bari di quest'anno è la mediocrità generale. Se pure il dio del calcio volesse dare una mano ai biancorossi, potrebbe trovare davvero poco su cui lavorare.
È lo specchio della stagione disgraziata di questo Bari, incapace di mettere le marce alte quando si tratta di trovare continuità, di superare un test, di dimostrare una maturità che evidentemente non c'è. È l'ennesimo scontro diretto che i biancorossi falliscono, una prova del nove che avrebbe potuto ridare un senso all'improvviso a un campionato frammentario; niente da fare, come al solito.
Che sarebbe andata a finire male, d'altra parte, lo si era intuito già al momento della lettura delle formazioni ufficiali. Carrera sceglie un 3-5-2 semi-inedito proprio nel momento decisivo della stagione: Marras schierato da quinto a sinistra, con compiti difensivi che non gli appartengono e che lo limitano, rimane un grande punto interrogativo. Lo stesso Cianci, affiancato sulla linea offensiva da Antenucci, riceve pochissime palle giocabili di testa proprio per la grande difficoltà del Bari di arrivare sul fondo con gli esterni e mettere cross degni di questo nome. Il Bari si vede solo con due mezze occasioni di Rolando; nel mezzo il nulla.
Braglia la stravince nel confronto a centrocampo: il terzetto Carriero-Aloi-D'Angelo fa un sol boccone dei suoi dirimpettai. Il forfait nel riscaldamento di Bianco lascia Carrera senza il suo perno della mediana; De Risio fa fatica a mettere ordine, Lollo prova a far legna ma finisce sempre per rincorrere, Maita per la prima volta va in affanno in entrambe le fasi. Certo, l'arbitro D'Ascanio sbaglia clamorosamente non mostrando il rosso a Ciancio per il fallo a palla lontana su Marras, ma non basta a giustificare la pochezza generale del Bari "apprezzato" al Partenio.
Insomma, quando Carrera dice di aver visto nella ripresa una squadra ben messa in campo, alla ricerca del goal, prova a difendere l'indifendibile. Inspiegabile è la scelta di fare l'unico cambio (su cinque disponibili) all'85', tirando fuori Lollo per gettare nella mischia D'Ursi. Vero, quantità e qualità delle risorse in panchina scarseggiano (storia vecchia), ma decidere deliberatamente di non attingere a quel poco che c'è appare un errore grossolano.
Ma più delle incertezze tattiche, degli errori individuali e di reparto, in questo Bari senza né capo né coda pesa un atteggiamento tutto sbagliato. I biancorossi arrivano allo scontro diretto con poco o nulla da perdere, eppure la giocano senza rabbia e senza mordente, oltreché senza idee e senza gioco (anche qui, niente di nuovo sotto il sole). Il minimo indispensabile basta contro Paganese e Vibonese, ma quando il livello si alza (pur non avendo fatto l'Avellino nulla di eccezionale) questo Bari diventa un bersaglio fin troppo facile per gli avversari. Quando Fella brucia il disattento Minelli sul calcio d'angolo battuto da Aoli all'83', inchioda i galletti non solo alle loro responsabilità, ma anche ai loro limiti tecnici, caratteriali, di personalità.
È l'ennesima conferma: se il Bari vorrà fare la voce grossa nei playoff avrà bisogno dei miracoli, che pure nel calcio esistono, ma sotto forma di eccezione. La regola, invece, per il Bari di quest'anno è la mediocrità generale. Se pure il dio del calcio volesse dare una mano ai biancorossi, potrebbe trovare davvero poco su cui lavorare.